Montespertoli

Il territorio del Comune di Montespertoli ebbe in passato un ruolo di rilievo per il suo assetto viario che permetteva a Firenze di svolgere i suoi commerci in direzione di Volterra e Siena
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Il territorio dell’odierno Comune di Montespertoli ebbe in passato, sicuramente già in epoca etrusca, un ruolo di rilievo per il suo assetto viario che permetteva a Firenze di svolgere i suoi commerci in direzione di Volterra e Siena tramite la Via Volterrana che attraversava praticamente da nord a sud il territorio di Montespertoli e si collegava con la Via Francigena all’altezza di Certaldo.
Gli insediamenti della nobiltà si sono distribuiti fin dall’Alto Medio Evo lungo questa strada: fra i più significativi era il Castello degli Ormanni presso Montegufoni, distrutto nel 1135 da Firenze.

Dopo la distruzione del Castello degli Ormanni, in questa località possedette numerosi terreni Gugliarello Acciaioli di Brescia e centocinquanta anni dopo, in quello stesso luogo, il 12 settembre 1310, nacque il Niccolò Acciaioli, Gran Siniscalco del Regno Angiono di Napoli.
Gli Acciaoli donarono alla Chiesa di San Lorenzo a Montegufoni opere d’arte di altissima qualità: sull’altare maggiore di questa chiesa è possibile infatti ammirasre il Crocifisso realizzato dal pittore fiorentino Taddeo Gaddi alla metà del XIV secolo.
Agli inizi del XVII secolo i beni della famiglia Acciaioli passarono nelle mani degli Usibardi; alla fine del secolo Donato Acciaioli, discendente di Niccolò, riuscì ad acquisire i beni ed i terreni posseduti in antico dai propri avi, dando inizio ad un periodo di nuovo splendore per Montegufoni, splendore e prosperità che si prolungarono per tutto il XVIII secolo.

Il castello che affianca il paese di Montespertoli, oggi proprietà Sonnino, era in origine dei Signori di Montespertoli, un ramo dei Conti Alberti da Mangona; nel 1393, essendosi estinta la loro famiglia, i beni dei signori di Montespertoli passarono ai Machiavelli.
Le proprietà di questa famiglia si estendevano su quasi due terzi dell’odierno Comune di Montespertoli e a loro si devono le moltissime donazioni di opere d’arte che andarono ad ornare la maggior parte delle chiese del territorio.

Il paese di Montespertoli, di origine medioevale, ebbe la sua prima chiesa all’interno del Castello dei signori di Montespertoli; la Chiesa di Sant’Andrea fu costruita nell’odierna Piazza Machiavelli solo agli inizi del Cinquecento e riedificata alla metà del secolo scorso dopo le distruzioni subite nella Seconda Guerra Mondiale.
La Pieve di San Piero in Mercato e il borgo di Lucardo rappresentano i centri più antichi del territorio di Montespertoli, di origine alto medioevale.

La pieve, di chiare forme romaniche, nel corso dei secoli XIV, XV, XVI e XVII fu a capo della omonima Lega, nata dalla unione dei Pivieri di San Piero in Mercato, San Pancrazio e Coeli-Aula, nonchè sede del Podestà.
Alla fine del ‘400 l’importante mercato che qui si teneva fu trasferito a Montespertoli e con questo anche la sede della podesteria.
Lucardo era il fulcro di una comitatus di origine longobarda e sede di un importante castello di cui sopravvive ancora oggi l’impianto medievale. Nella vicina chiesa di San Martino e San Giusto si conserva la data di fondazione della primitiva costruzione (1093) e una bella tavola attribuita a Raffaello Botticini con la Madonna e il Bambino in trono tra i SS. Pietro, Martino, Giusto e Giovanni Battista.

Il Santuario di S. Maria della Pace appartenente al Convento di Bottinaccio fu costruito nel XVI secolo; ampliato negli anni successivi fino a raggiungere le dimensioni attuali, fu ceduto ai frati dell’Osservanza di San Francesco che rimasero in questo luogo, custodi, fino all’invasione francese avvenuta nel primo decennio del XIX secolo. Nella Cappella si conservano affreschi eseguiti introno al 1600.

Il territorio di Montespertoli è costellato di numerose testimonianze dell’architettura medievale che si mostra nei borghi, nelle chiese e nei superstiti castelli di Botinaccio e Poppiano, appartenente fin dalle origini alla famiglia dei Guicciardini.

Castello di Montespertoli

Il castello di Montespertoli – il cui nucleo originario doveva trovarsi nell’alta casa di signori posta in direzione di Firenze, divenuta in tempi più recenti di proprietà di Galli Tassi e quindi dei baroni Sonnino – apparteneva ai signori di Montespertoli, un ramo cadetto degli Alberti, famigli Ghibellina come tutti i maggiori feudatari.
Ciononostante Montespertoli è menzionato tra i castelli all’indice nella lega contro l’imperatore Arrigo VII; divenuto quindi alleato di Firenze contro Castruccio Castracani, dopo la battaglia di Altopascio nel 1325, seguì le sorti della Repubblica fiorentina.
Invaso di nuovo nel 1368 dal Patriarca di Aquilela e l’anno dopo da Giovanni Acuto che mise a ferro e fuoco cascinali e casali, nel secolo XV è podestà del Comune Bonaccorso Pitti.

Alla fine del secolo XIV con l’estinzione della antica famiglia, l’ultimo discendente maschio Ciano d’Agnolo nominò suoi eredi Lorenzo e Boninsegna, figli di Filippo Machiavelli, trisavolo di Niccolò.
Così la famiglia Machiavelli, che già possedeva ab antiquo molti beni in questo territorio, acquistò la proprietà del castello di Montespertoli, il giuspatronato su diverse chiese e il beneficio di alcuni superstiti diritti feudali a memoria dei quali appose il proprio stemma sulla gola del pozzo nella piazza del Mercato, chiamata poi piazza Machiavelli.

Anche se la sede della Lega prima del 1500 fu il vicino castello di San Piero in Mercato, Montespertoli grazie alla sua posizione geografica privilegiata sulla via Volterrana, lentamente lo sostituì fino a divenire il centro dell’attività commerciale industriale del Comune.
Per la comodità degli accessi fu qui trasferito l’antico mercato settimanale dal quale aveva preso il nome la pieve di San Piero.
Lo sviluppo di Montespertoli, un tempo costituito da alcune case arroccate sulla parte orientale intorno al castello sulla via Fiorentina, avvenne verso occidente con la costruzione di nuovi fabbricati sulla piazza.
Nel Settecento e nell’Ottocento questa località iniziò ad assumere una fisionomia simile all’attuale, con la costruzione di nuove case sulla via Volterrana fino a circondare la parte occidentale della nuova piazza del Mercato (attuale piazza del Popolo), e con la creazione dei borghi delle Case Nuove e della Fornace verso Castelfiorentino.

Non rimane traccia dell’antico ospedale menzionato in un antico documento del 1367; l’originaria chiesa parrocchiale di Sant’Andrea, un tempo cappella del Castello, non più adibita al culto, fu sostituita dall’attuale ciesa nel secolo XVI, ingrandita e restaurata dopo l’ultima guerra.
In essa sono ospitate formelle del romanico fonte battesimale di Santa Maria e Coeli Aula e un trittico attribuito al Maestro della Misericordia e Niccolò Gerini, proveniente dall’oratorio di San Paolo.

Castello di Montegufoni

Il primo itinerario ci conduce attraverso la via Volterrana al castello di Montegufoni posseduto fin dal 1160 dalla potente famiglia degli Acciaioli.
Qui ebbe i natali, in una stanzetta trasformata poi in cappella , il celebre Niccolò, il quale, recatosi a Napoli a esercitare la mercatura, seppe conquistarsi. con il suo ingegno e il suo talento, il favore di re Roberto che gli volle affidare la custodia dei suoi nipoti, i principi di Taranto.
In qualità di tutore della regina Giovanna e di Gran Siniscalco governò per circa vent’anni il reame di Napoli.
Il castello era all’epoca un castrum formato da sette edifici staccati l’uno dall’altro, destinati ad ospitare gli artigiani e gli agricoltori al servizio dei proprietari e racchiusi nel giro delle mura che lo recingevano.

Tale complesso dette poi origine all’attuale castello, ristrutturato nel secolo XVII.
Ad un primo intervento di Ottaviano Acciaioli, che nel 1632 arricchì l’edificio di quaranta stanze secondo il progetto di Gherardo Silvani, seguì l’intervento più vistoso che ha connotato l’aspetto del castello.
Come ricordano le lapidi poste nel cortile del palazzo, esso fu realizzato dal figlio di Ottaviano, il senatore e marchese Donato, e da suo fratello, il cardinal Niccolò che vi aggiunse la facciata che guarda a tramontana e la galleria costruita sopra l’antico portico che serviva da luogo di convegno per i membri della propria famiglia.

La villa che fu successivamente abbellita dai lavori promossi dal figlio di Donato, Ottaviano, e dal nipote Antonio, venne corredata di un bellissimo giardino che gareggiava con quelli delle ville principesche della Petraia, di Castello e di Pratolino, costituendo un degno completamento dell’architettura con continui rimandi fra spazi aperti e chiusi.
Se alti finestroni consentivano affacci sul giardino, la decorazione delle sale interne presentava fiori e frutta in un sottile rimando di immagini.
Giochi d’acqua, grotte incrostate di stalattiti, piante rigogliose di diversi tipi lo resero luogo di delizie, ambito da famiglie nobili che a lungo vi sostarono a tra di esse finanche la famiglia medicea.

La presenza di artisti, poeti, comici accolti dalla liberalità dei suoi illustri proprietari, contribuì a trasformare Montegufoni in un luogo di incontro colto e raffinato.
A Donato – definito nei documenti “architetto” – si deve oltre all’impianto della villa e del giardino anche la ristrutturazione della cappella gentilizia che, se certamente già esistente, venne ampliata nel 1673 per accogliere una cospicua collezione di reliquari.
Questa, voluta dalla religiosità del marchese, ben si confaceva anche agli interessi del granduca Cosimo III che i documenti d’archivio ricordano sollecito nel visitarla.

L’interno della cappella – compreso anche il dipinto inserito ta il pannello centrale dell’abside e i ripiani dei reliquari – è opera di Cosimo Ulivelli che con i suoi affreschi conferì all’insieme un effetto cartonesco che dovette molto piacere al suo mecenate Donato Acciaioli.
All’interno del proprio appartamento Donato Acciaioli predilesse i pittori che lavoravano agli Uffizi su commissione di Cosimo III, come Agnolo Gori.
Le decorazioni del Gori trattano diversi soggetti: da argomenti simbolici desunti dal mondo classico a soggetti religiosi, da ritratti di vescovi e cardinali della famiglia Acciaioli a decorazioni architettoniche e festoni di frutta.
Nello studio personale di Donato alla pennellata puntigliosamente descrittiva del Gori si sostituì l’estro di Alessandro Gherardini, il quale dovette completare allo scadere del secolo la decorazione interna del castello. Donato restaurò anche la torre – eretta nel 1386 – che domina il castello stagliandosi sulla campagna son una sagoma che richiama la torre di Palazzo Vecchio.

In tempi più recenti, cessata la proprietà degli Acciaioli, il castello ha vissuto vicende diverse.
Se ancora all’inizio del secolo il Guarducci ne lamentava lo stato di abbandono per la generale ignoranza e mancanza di gusto, a pochi anni di distanza l’acquisto da arte di Sir George Sitwell, personaggio stravagante appartenente all’aristocrazia inglese, diede nuovo impulso alla vita del castello.
Sir George lo restaurò prima di andarci ad abitare definitivamente non accettando consigli sui lavori: chiamò Gino Severini a dipingere i suoi Arlecchini nelle sale degli Acciaioli di fronte alla proposta dei figli di farle affrescare da un giovane pittore, Pablo Picasso.

Dei suoi tre figli, Edith, Osbert e Sachervelì, prototipi di una categoria dandy con interessi letterari che fecero della cultura un fenomeno mondano ed elegante, Osbert, una volta morto il padre, si insediò definitivamente a Montegufoni.
L’attuale proprietà ha nuovamente cambiato il destino di questa villa – dove durante la guerra fu nascosta la Primavera di Botticelli e altri capolavori degli Uffizi – trasformandola in un luogo di soggiorno per gli amanti della campagna.

In origine nel piviere di Montegufoni erano comprese tre chiese, ma nella Decima Pontificia del 1267 si trova citata solo la rettoria di san Lorenzo, segno che era già avvenuta l’annessione a questa delle altre due chiese: Santa Maria alle Calvane e Sant’Andrea.
La chiesa di San Lorenzo conserva scarsissime tracce della sua origine romanica e fu radicalmente trasformata nel secolo XVII.
Gli Acciaioli che ne esercitarono il patronato la dotarono di opere d’arte di grandissima importanza come la Croce dipinta di Taddeo Gaddi, posta dietro l’altare maggiore.

Questa famiglia cadde in rovina agli inizi del secolo XVII e tutti i beni vennero acquistati dagli Usibardi. Nel 1663 Donato Acciaioliriuscì a riacquistare le antiche proprietà dando nuovo impulso al complesso con il restauro nel 1674 della chiesa e dei suoi annessi. Durante il secolo XVIII la chiesa fu nuovamente restaurata e in quest’occasione venne eseguito nel 1764 da Gian Domenico Ferretti l’affresco del soffitto.

Castello di Poppiano

Antico luogo fortificato, del quale non restano che poche tracce, e possesso, almeno fin dal secolo XIII degli Acciaioli, si giunge al castello di Poppiano, che deriva il suo nome dalla gens Papia o Poppeia.
Feudo prima degli Alberti, appartenne fin dal secolo XIII ai Giucciardini che si ritenevano originari della Popiana Castella.
Il castello per la sua posizione dominante sulle vali della Pesa e dell’Elsa, fu teatro di importanti avvenimenti storici.

Dalle scorrerie di Castruccio Castracani al sacco del castrum di Poppiano ad opera delle truppe di Giovanni Acuto, all’assedio di Firenze, quando il borgo e il castello di Poppiano furono rasi al suolo da Maramaldo, come annota Francesco Guicciardini. Se la violenza dell’assedio e delle guerre non risparmiò Poppiano, pure esso fu centro di villeggiatura di personaggi come Vincenzo borghini che qui soleva incontrarsi con i fiorentini più colti dell’epoca, come testimonia il carteggio con il Vasari, dal momento che lo Spedale degli Innocenti aveva una villa dove gli spedalinghi si recavano a passare l’autunno.
In origine a Poppiano vi erano due chiese: San Biagio e San Nicola, poi unificate.

La chiesa col doppio titolo divenne priora nel 1689: la presenza sul portale di due stemmi dei Guicciardini testimonia il patronato di questa famiglia sulla chiesa che da essi venne dotata di arredi liturgici.
Altra famiglia nobile, originaria di Poppiano, erano i Ridolfi di Piazza la cui arme è scolpita sul ciborio in marmo accanto all’altare maggiore ornato di un bel Crocifisso in legno.

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