Buti

Buti, piccolo comune sulle pendici orientali dei Monti Pisani, ha origini molto antiche, probabilmente romane.
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Buti, piccolo comune sulle pendici orientali dei Monti Pisani, ha origini molto antiche, probabilmente romane.
Tali origini sono però scarsamente visibili in quanto Buti è stato, nel corso dei secoli, distrutto completamente, bruciato e ricostruito più volte durante le violente guerre fra Pisa, Lucca e, infine, Firenze.

Le prime notizie certe di Buti risalgono all’anno 1000, quando appariva come un centro circondato da molte fortificazioni dette “castelli”: Castello di Panicale, Castello di Farneta, Castello di S. Stefano in Cintoia, Castel di Nocco, Castel Tonini, Castel S. Giorgio, Castello di S. Agata.
Mentre alcuni di essi sono oggi scomparsi o ridotti a ruderi, di altri è rimasta la compattezza e la struttura del borgo medioevale.
Attualmente Buti è un comune di 5.500 abitanti e composto da due centri abitati: Buti e Cascine collegati da una via di comunicazione che costeggia il Rio Magno e attraversa la località “La Croce”. Lungo questa via, partendo da Cascine e guardando verso destra, si può scorgere la Villa di Badia a ricordo di un antico monastero. Si tratta dell’abbazia di Cintoia che raggiunse notevole prestigio nel XII secolo quando fu affidata ai frati Camaldolesi, ma che col tempo non poté evitare la decadenza.

La ricca vita associativa, i numerosi “circoli” ricreativi, le continue feste e manifestazioni locali (fra le tante si ricorda la Sagra del ranocchio che si tiene a Cascine di Buti nel mese di giugno), uniti ad una importante stagione teatrale, fanno di Buti un paese interessante e stimolante, piacevole da visitare e da vivere grazie anche alla ricchezza dei suoi boschi di pini e castagni che rendono gradevoli le molte possibili passeggiate a piedi, per i sentieri tracciati, ed in bicicletta, lungo i 25 chilometri di piste ciclabili realizzate dal comune.

Il territorio

Castel Tonini è il castello che ancora oggi sovrasta il paese di Buti e tutto il nucleo storico che gli sta attorno viene appunto detto “il castello”. Esso è delimitato da una porta di accesso ed è ricco di alcuni palazzi del XVI e XVII secolo. Di questo il più importante è quello dei Tonini ricco di sale dipinte dal Giarrè e denominato Villa Medicea, costruito dai Medici intorno al 1550. Scendendo dal castello si può rapidamente raggiungere il centro del paese e la Pieve di S. Giovanni Battista. Di origini antiche, fu all’inizio del secolo ampliata e ristrutturata.

Durante il dominio pisano (secolo XIII) Buti annoverava ben undici chiese. Fra queste, oltre quella già citata, vanno ricordate ed ammirate la chiesa romanica di S. Francesco, nell’omonima piazza sempre in centro al paese, e la chiesa dell’Ascensione, detta anche Santa Maria delle Nevi. Quest’ultima è raggiungibile risalendo da Buti lungo la “via dei Molini”, la strada che porta verso il Monte Serra, denominata così perché annoverava tutta una serie di mulini ad acqua. La Chiesa dell’Ascensione, di origine romanica, è situata nell’ex castello di Panicale e presumibilmente risale al XIII secolo. A navata unica, la chiesa è inserita nel gruppo di case adiacenti; di pregio è il bel abside semicircolare a ponente e la particolare iconografia sull’architrave della porta laterale e su quella della porta centrale.

Ritornando nel centro del paese è possibili ammirare, fra gli edifici di particolare rilievo, il teatro intitolato a Francesco di Bartolo (1324-1406: primo commentatore della Divina Commedia). Teatro di piccole dimensioni costruito nel 1842, rispecchia le caratteristiche architettoniche dei teatri accademici dell’inizio del ‘800 con palchetti su due ordini che si affacciano su una platea ovale, preceduto da un atrio articolato in archi e corridoi e, a suo tempo, corredato da un sipario celebre perché il famoso pittore del secolo scorso Annibale Marianini vi aveva dipinto le gesta dell’eroina locale Paola da Buti.

Teatro di Buti

II Teatro “Francesco di Bartolo” è nato nella prima metà dell’Ottocento, per l’esattezza nell’anno 1842: L’Ottocento è stato il secolo d’oro per l’arte a Buti: con la pace conseguita alla fine di tante guerre (con i Pisani, Lucchesi, Fiorentini e Milanesi) ci fu grande fioritura di pittori, poeti ed amanti del teatro. Un gruppo di famiglie benestanti, si unirono in una associazione GLI ACCADEMICI RIUNITI e finanziarono la costruzione del Teatro con il preciso scopo di servire, come riportato nello statuto dell’epoca, a “…spettacoli di prosa, di musica, a feste da ballo, balli e trattenimenti, conferenze…”

Il teatro presenta caratteristiche distributive e architettoniche dei Teatri dell’epoca, con pianta “a ferro di cavallo”, con platea, palcoscenico e due ordini di palchetti, oltre ad altri locali adibiti ad usi diversi. In questo senso esso costituisce un esempio tipico di teatro all’italiana, che si ispira, anche se con un modulo estremamente ridotto, alla scala di Milano. La struttura a “palchetti”, adattata alle più modeste esigenze di Buti, sanciva il ruolo dell’aristocrazia locale. Ogni famiglia, infatti era proprietaria di un palchetto (ve ne sono 25) mentre l’ingresso al teatro era vietato al popolo. Il teatro possiede un ottima acustica che lo rende adatto anche a spettacoli musicali.

Il bellissimo sipario bianco (raffigurato qui a fianco e purtroppo andato perduto), fu dipinto da Annibale Mariannini, pittore butese dell’ottocento. L’immagine ritrae l’eroina pisana Paola da Buti mentre calpesta la bandiera fiorentina, liberando Buti dall’oppressivo dominio. Anche l’immenso lampadario di vetro di Murano, che copriva quasi completamente la volta del teatro, non è stato più ritrovato. II nome “Francesco di Bartolo” è stato scelto in onore di un grande poeta butese del ‘400, autore del primo commento della Divina Commedia. Finiti i fasti dell’ottocento, con l’inizio del nuovo secolo la vita del Teatro declina verso un’inesorabile decadenza, che attraversa una fase, nel secondo dopo guerra, di riadattamento a cinematografo (riduzione del palcoscenico e dei palchi di barcaccia) fino ad uno stato di totale abbandono e quindi di chiusura nel 1971. Alla fine degli anni settanta (1977) il Teatro viene acquisito dall’Amministrazione Comunale, e prende avvio una ristrutturazione con finanziamenti FIO e Comunali. Il restauro progettato ed eseguito dall’architetto Frassi è ultimato nel 1987. E’ un restauro che rispetta scrupolosamente la struttura, la forma ed i colori originali, e che ha restituito al teatro l’originario splendore.

Con i suoi 220 posti riapre i battenti nel 1987, divenendo in pochi anni un importante centro di diffusione e produzione teatrale, segnalandosi come uno dei fenomeni più originali del panorama culturale italiano. Con la nuova struttura è stata inaugurata anche una politica culturale volta sia a conservare le tradizioni del teatro popolare amatoriale, sia a produrre sperimentazione e ricerca teatrale, per costruire una alternativa al teatro di mercato. Da qui è passato il meglio del teatro di ricerca. Qui si impagina una stagione non omologata di tutto rispetto, si organizzano rassegne non convenzionali (come “Piccoli Fuochi”), si producono spettacoli importanti e si sviluppa, insieme alla Compagnia del Maggio intitolata a Pietro Frediani, una ricerca sulla tradizione del Maggio (l’arte di recitar cantando), recuperando così un patrimonio che rischiava di andar perduto.

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