Montemurlo

Il territorio comunale di Montemurlo è adagiato sui rilievi subappenninici che dal Monte Javello si spingono a sud verso la piana.
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Il territorio comunale di Montemurlo è adagiato sui rilievi subappenninici che dal Monte Javello si spingono a sud verso la piana. Il torrente Agna ne definisce il confine con il comune di Montale mentre ad Est il limite amministrativo verso Prato giunge a toccare il Monteferrato, famoso per le cave di serpentino conosciuto col nome di “verde” o “nero di Prato”, usata come materiale decorativo in svariati monumenti e chiese medievali di tutta Italia.

La toponomastica della zona è ricca di ricordi latini, la zona comunque fu interessata già nel periodo etrusco da una forte presenza di questa popolazione. Nel periodo romano, grazie al proseguimento della via consolare Cassia, si ha la prima grande centuriazione della pianura pratese dando così assetto al territorio meridionale di Montemurlo.

Terra di passaggio che si confermò anche nel periodo medievale. Fin dal 927 vantavano signoria i Conti Guidi che avevano avuto il patronato anche della non lontana Abbazia di S. Salvatore in Agna, ora compresa nel comune di Montale. Intorno al 1254 i conti vendettero la rocca a Firenze, ma nel 1274 si asserragliarono qui gli esuli ghibellini pratesi. Le alterne vicende portarono ad un susseguirsi di assedi, fino al 1324 quando Castruccio Castracani dopo due anni riuscì ad espugnare le roccaforti montemurlesi.

Nel 1551, dopo la fuoriuscita delle famiglie fiorentine anti medicee che si asserragliarono in Montemurlo, il comune perse l’onore di avere un Podestà, fu così unito prima a Montale e successivamente a Prato. Da questo momento in poi tutta la storia del comune di Montemurlo è strettamente legata alle vicende pratesi fino allo sviluppo industriale che ha interessato, in maniera rilevante, il medesimo comune. Divenuta oggi una piccola città, che serba sulle colline la suggestiva Rocca medievale e antiche ville di prestigiosa architettura.

La “rotta” di Montemurlo

Dopo il breve, violento dominio di Alessandro de’ Medici, ucciso nell’Epifania del 1537, il giovane Cosimo de’ Medici di Cafaggiolo del Mugello venne eletto Duca di Firenze. Questo fece sperare ai fuorusciti dell’oligarchia antimedicea, riunitisi a Bologna, di far insorgere Pistoia e muovere con un esercito di circa 4000 soldati; i loro capi, Baccio Valori e Filippo Strozzi, li precedettero con un gruppo di armati e il 26 luglio si impadronirono della Rocca di Montemurlo, mentre altri soldati si appostarono presso il Parugiano.

Le truppe medicee, comandate da Alessandro Vitelli, attaccarono però nella notte e impedirono con azioni diversive il ricongiungimento dell’esercito nemico. L’assedio della Rocca e un durissimo combattimento segnarono, il 1 agosto, la fine della congiura, i capi vennero giustiziati. A ricordo della vittoria Cosimo fece porre in Piazza S. Trinita a Firenze una colonna, proveniente dalle terme di Caracalla.

Le ville di Montemurlo

Il territorio del Comune di Montemurlo è disseminato di ville e tenute di proprietà di ricche famiglie di mercanti fin da epoche remote. A partire dal XIV secolo quando, per citarne alcune, i Pucci, i Baldi, i Ridolfi, i Gucci, i Pazzi d altre investono qui i loro capitali. La stessa classe sociale dei proprietari rende conto della presenza di dimore così raffinate ma anche imponenti.

Villa del Barone

Prendendo a salire per la via di Bagnolo di sopra si giunge facilmente alla villa del Barone, oggi in restauro, situata sulle pendici del Monte Javello a dominare la piana lungo la strada verso Albiano. Edificata nel `500, è la più importante fra le ville montemurlesi, sia per la sua posizioni dominante, sia per la sua maestosa mole, allo stesso tempo misteriosa e autoritaria. Essa fu fatta costruire da Baccio Valori e ospitò ripetutamente personaggi celebri, fra i quali i Granduchi di Toscana. Entro le sue mura fu tramata la congiura contro i Medici dagli Strozzi e dai Valori.

La maestosa facciata cinquecentesca è caratterizzata dal forte bugnato angolare e dai balconi su mensole delle finestre del primo rialzato; gli interni hanno festose decorazioni barocche e neoclassiche. Fortilizio medievale, ampliato in dimora signorile, la villa divenne due secoli più tardi marchesato della famiglia Tempi; fu poi dimora del pittore Cristiano Banti (1824-1904), il quale vi accolse numerosi artisti e vi formò una delle prime collezioni di opere della scuola dei Macchiaioli. Si può accedere alla villa tramite l’Ufficio Cultura del Comune.

Villa Strozzi

In prossimità del torrente Bagnolo incontriamo la magnifica villa Strozzi. La casa conserva la misura che le viene dalla sua attitudine d’uso: di ricca dimora ma anche di fonte di reddito dei signori che la abitavano, vissuti qui stabilmente fino alla metà dell’800 e poi solo in soggiorno estivo. Abbiamo attestazioni certe della famiglia Strozzi come proprietaria della villa dal XVI secolo, epoca nella quale un membro di questa, Piero Strozzi, diviene parte viva della storia locale durante la congiura dei fuoriusciti contro il potere di Cosimo de Medici. Salendo lungo il viale di accesso alla villa si avverte una sensazione di quiete che viene dalla semplicità dell’impianto architettonico della dimora: una costruzione regolare e allungata con un corpo centrale più elevato e coronato centralmente da una torretta.

Villa Pazzi a Parugiano

Benché si abbiano notizie che intorno al 994-999 esistesse una turris Palusiano di proprietà dei conti Guidi, non si hanno fonti certe sul passaggio di proprietà della villa sino al trecento, quando la famiglia dei Pazzi si insediò stabilmente a Montemurlo.

Nel 1325 Castruccio Castracani distrusse la fortificazione, difesa da quaranta armigeri, da Neri dei Pazzi e da Giovanni di Redice Adimari. Della torre e del castello già dei Guidi, probabile nucleo dell’insediamento che si trasformerà nei secoli successivi, ad oggi non rimane traccia visibile.

Un particolare di rilievo riveste la cappella della villa, che risale alla metà del `500 ed è interamente affrescata da Giovanni Stradano. Ai quattro angoli della volta della cappella sono rappresentati la Creazione del mondo, la Creazione dell’uomo e il peccato originale, il Giudizio universale e l’inferno.

Villa Giamari

L’attuale villa Giamari fu nel passato proprietà della famiglia Villani, cui facevano capo i numerosi poderi circostanti fin dal `400, da quando i componenti della famiglia ricoprirono la carica di ospedalieri della compagnia del Bigello, che comportava la sovrintendenza dell’Ospedale di Barzano. La famiglia Villani si estinse nel 1781 con la morte di Giulia, ultima componente della casata. La proprietà della villa passò ai Giamari, una ricca famiglia mercantile di origine armena e residente in Toscana. La nuova famiglia apportò modifiche all’edificio, ampliando le dimensioni delle finestre e inserendo l’ampio scalone che conduce al piano nobile.

Villa di Popolesco

Ai primi del `500 Antonio di Jacopo di Urbano Popoleschi era proprietario di una chasa da ivoratte […] con staiora 60 di terre iavoratte. Il Popolesco, che si trova nella zona denominata Pantano, per il carattere palustre del luogo, è una solida costruzione, dagli ampi e regolati volumi. Quasi disadorna nel severo aspetto, che risale con ogni probabilità ai primi del `600.

Questa villa rientra nelle costruzioni tipiche di Montemurlo, il cui committente preferiva esaltare, piuttosto che il lusso, la comodità e la funzionalità in accordo con le attività agrarie. In sintonia con questo carattere discreto è anche l’oratorio della villa, dedicato a San Francesco. Sull’altare vi era un dipinto di Jacopo Vignali raffigurante l’Adorazione dei pastori con San Niccolò e San Francesco.

Villa di Javello

Il nucleo originario sembra fosse un fortilizio che fu danneggiato da Castruccio Castracani quando attaccò il castello di Montemurlo e distrusse case e torri del territorio circostante. Alla fine del `500 la villa diventò proprietà della famiglia Venturi, poi dei Martini fino al 1802.

Nel 1802 il possesso passò a Giovanni Battista Pandolfini, cugino e figlio adottivo di Marco Covoni, personaggio assai noto e amato, amministratore di istituti di beneficenza, e il cui stemma ornava le case rurali che facevano capo alla fattoria. Dopo l’estinzione della famiglia Covoni, la fattoria passò, per eredità, alla famiglia Borghese di Roma.

Ai piedi del monte Javello

Dal castello una strada sale all’antico Casone dei Valori (via Baronese) e di qui a un piccolo rilievo panoramico, il Masso di Piero Strozzi, zona che era un tempo meta di processioni per l’Ascensione e che ebbe valore sacrale forse già in epoca romana. Da via Cicignano si raggiungono antichi edifici colonici e signorili e i begli edifici dell’abitato di Cicignano (toponimo di probabile origine etrusca).

Tornati sulla vecchia via Montalese, in direzione di Montale vi è Fornacelle (dal XV secolo vi esistevano fornaci da calce e mattoni), che si è notevolmente sviluppata dalla fine del XIX secolo, fino a divenire la frazione più popolosa e la sede del Comune. Questo, prima dell’attuale collocazione, ha avuto per molti anni sede nei locali realizzati tra il 1895 e il 1906 per la scuola, un robusto edificio in veste classicheggiante, ampliato negli anni trenta.

Dalla via della Bicchieraia (che segue il percorso del torrente Agna) si giunge ad una zona circondata da boschi cedui di cerro e carpino, ove si trova la conca di Reticaia, antico possesso dei Guidi, dove un complesso colonico ingloba abside e fianco della chiesa romanica di San Giusto, parrocchia fino al 1492.

La strada risale le pendici del Monte Javello e conduce, a nord, alla Fattoria di Javello (548 m), tra le valli dell’Agna e del Bagnolo, isolata in un’area boscosa. Sorta sul luogo della corte sul Poio de Jove, già in rovina nel 1088, fu dei Guidi nel XII secolo; era degli Strozzi nel 1325, quando fu in parte distrutta dalle truppe di Castruccio Antelminelli. La tenuta passò poi ai Venturi e ai Martini (primi del ‘600), arrivando a comprendere 20 poderi nel 1940. Attuali proprietari sono i Borghese.

Il complesso si articola intorno ad una corte; nella zona superiore una torre medievale è affiancata da un lato dalla villa e all’opposto da cappella e fattoria; gli annessi colonici, impostati a quota più bassa, chiudono a valle la corte. Il semplice edificio padronale, che prosegue su du lati del cortile, mostra un sobrio aspetto cinque-seicentesco, come la parte posteriore, sul giardino secolare, con finestre inginocchiate e portale rettangolare bugnato. La Cappella di San Bernardo ha interni affrescati nel 1616 da Stefano del Bono (Madonna del Rosario, Santi e Angeli). Dietro la villa giganteggia la cima boscosa del Monte Javello (931 m), raggiungibile con sentieri, dalla quale si gode un ampio panorama che spazia dalla piana pratese all’Appennino.

Tornati sulla Montalese, subito ai piedi del castello, si impone sull’edilizia circostante la chiesa del Sacro Cuore di Gesù (costruita tra il 1938 e il 1946, su progetto di R. Franchi), con fianchi movimentati da cappelle absidate e robusto campanile: l’ampia navata, con decorazioni degli anni ’40, conserva una tavola con la Deposizione (Michele delle Colombe, 1585 circa), un organo con mostra ottocentesca e un Crocifisso ligneo del ‘700.

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