Poggio a Caiano

Poggio a Caiano è il più piccolo e il più giovane fra i comuni della Provincia di Prato.
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Poggio a Caiano è il più piccolo e il più giovane fra i comuni della Provincia di Prato. Nato il 14 Luglio 1962 dalla riconosciuta autonomia amministrativa rispetto al Comune di Carmignano di cui aveva fatto parte fino ad allora. Se non si può parlare per Poggio a Caiano di comprovati insediamenti etruschi, come nel vicino territorio di Carmignano, almeno per ora, si può intuire che se gli Etruschi non avevano fondato loro insediamenti in quella zona vi erano però passati più volte.

E’ certo comunque che le prime comunità a stabilirsi in loco furono di origine romana, come attesta il toponimo, derivato dal personale latino “Carius”. Tale aggettivo identificava una zona più vasta dell’attuale, su antichi documenti viene citato l’abitato di Grignano, nel comune di Prato, nella zona di Caiano. Ciò fa pensare che le terre ad est dell’attuale via Roma venivano definite Caiano come la zona contrapposta si identificava Piazzanese (vedi Pieve di S. Giusto in Piazzanese), dunque il Poggio era parte di questa più vasta zona gravitante su Prato. La storia si occupa una prima volta di Poggio a Caiano in epoca medievale (XII secolo), quando sul torrente Ombrone la repubblica comunale di Prato fece costruire un ponte ad unire la pianura pratese con la zona collinare del Montalbano. A questa costruzione si affiancò un fortilizio munitissimo che si trovava sulla collinetta ad ovest del ponte.

Da sempre alleata con Prato, che ne intuì l’importanza strategica, Poggio a Caiano in quegli anni, oltre ad essere la porta del Montalbano, divenne un attivo porto da cui le merci pratesi prendevano la via fluviale fino al mare. Il fortilizio, passato poi ai Cancellieri nel 1420, ormai trasformato in castello con parco, fu venduto alla famiglia Strozzi poi passato per confisca ai Medici.

Lorenzo il Magnifico intuendo ciò che anni prima aveva intuito Prato, investì in quelle terre e specialmente nella villa del Poggio. Primo esempio di residenza suburbana rinascimentale, su progetto di Giulianno da Sangallo, la villa fu successivamente proprietà dei Lorena, Bonaparte e Savoia e da tutti venne arricchita di numerose opere d’arte di vari stili ed epoche, divenendo così un’importante meta turistica.

I dintorni di Poggio a Caiano

Di fronte alla villa medicea “Ambra” vi è l’Istituto delle Minime Suore del Sacro Cuore, fondato nel 1901 dalla beata Maria Margherita Caiani, nata al Poggio nel 1863. La vicina propositura di Santa Maria del Rosario (1889-1903), in bozze di arenaria, ha una campanile disegnato da Ardengo Soffici (1938-40) e interni classicheggianti, con quattro eleganti altari a edicola secenteschi.

Sull’altare maggiore (P. Santelli, 1903) è posto un venerato Crocifisso ligneo del primo ‘500 e, nella cappella a sinistra dell’ingresso, una pala con l’Incoronazione della Vergine (1606), opera tarda di Alessandro Allori e bottega. Varie ville nate su antiche strutture fortificate costellano i primi rilievi ad ovest dell’abitato: lungo via di Ginepraia l’imponente Castellaccio sorge su un ampio podio e conserva in parte la struttura cinquecentesca; oltre il tabernacolo (1857) all’incrocio con via di Bonistallo (dove sorge villa Magra, del XVI secolo, ora casa di riposo), una strada a sinistra porta a Petraia, dove resta una palazzetto cinquecentesco diroccato e, in un parco, l’antica villa di Petraia, con trasformazioni neogotiche.

Sulle pendici del piccolo rilievo di Bonistallo venne creato nel XVI secolo il Barco Reale.
Dalla sommità del colle domina la chiesa di San Francesco a Bonistallo, con portico su tre lati (1793), divenuta nel 1922 sede della parrocchia.

L’interno, a croce latina, conserva un’unitaria e luminosa veste barocchetta (1760-80), con raffinati ovali in stucco tra gli altari. Fra le tele, notevoli una Madonna del Rosario (1623) di Matteo Rosselli, una Visione di San Francesco (1777) dell’agrigentino Fra Felice da Sambuca, e una Madonna col Bambino e Santi, dell’ambito del Bilivert (1620 circa). A breve distanza, alcune colonne di un portico e un campanile identificano l’antica chiesa di Santa Maria, ormai trasformata in abitazione.

Dal poggetto, abitato di recente sviluppo lungo la statale, l’antica via di Mastrigalla sale verso Carmignano e incrocia a sinistra la strada privata che conduce alla dominante villa di Cerreto (o Cerretino), proprietà medicea nel ‘500, quando vi abitò Bianca Cappello. La struttura a corte, nata sui resti del fortilizio medievale di Torrebecchi, ricorda l’architettura militare tardo-quattrocentesca, con due torri cilindriche angolari; notevole è un salone rinascimentale.

Da Poggio a Caiano la via Carmignanese curva intorno a un boscoso poggetto culminato dall’imponente villa del Poggiale, protetta da un alto muro di cinta e dal parco. L’articolato complesso conserva un elegante assetto cinquecentesco, con ampie superfici intonacate e torretta belvedere (un’altra è sul retro, dove prospetta la cappella).

Poco oltre la strada conduce, a sinistra, a un piccolo abitato (che fece parte del distretto pratese fino alla metà del ‘200), arroccato intorno alla chiesa di Santa Cristina in Pilli, preceduta da un portico. La chiesa, documentata dal 1026, fu ricostruita nel ‘200 e più volte ristrutturata.

All’interno, presso il presbiterio (trasformato nel XVII e XX secolo) restano la mostra di un ciborio rinascimentale in pietra serena e una bella tela col Martirio di Santa Cristina (1652), di Annibale Niccolai. In un altare laterale è stato rimesso in vista un affresco con la Madonna, il Bambino, Santi e un donatore, di Francesco di Michele (1385 circa), con rifacimenti rinascimentali, mentre su un confessionale settecentesco in pietra è posto un trittico (Madonna col Bambino fra quattro Santi, attribuito al “Maestro del 1399”), riquadrato nel 1520 aggiungendovi due Santi fra le cuspidi e ritoccando il gruppo centrale. Di fronte, su un altro confessionale del XVIII secolo, sporge un pulpito seicentesco in pietra serena. Di Quinto Martini è, infine, un Battesimo di Cristo dipinto negli anni ’30.

La Villa medicea di Poggio a Caiano

La Villa medicea di Poggio a Caiano fu fatta edificare da Lorenzo dè Medici e dai suoi eredi su disegno di Giuliano da Sangallo tra il 1845 e il 1520 circa, con una probabile pausa tra il 1495 e il 1513 dovuta all’esilio dei Medici. Essa rimase sempre la residenza estiva dei Medici e, oltre ad ospitare numerose personalità, fu teatro di importanti avvenimenti della loro storia dinastica, come i festeggiamenti per i matrimoni tra Alessandro dè Medici e Margherita d’Austria (1536), Cosimo I ed Eleonora da Toledo(1539), Francesco I e Bianca Cappello già sua amante (1579).

La Villa di Poggio era passaggio obbligato per tutte le nuove spose granducali, che prima di recarsi in città ricevevano qui l’omaggio della nobilita fiorentina: è il caso di Giovanna d’Austria, prima moglie di Francesco I e di Cristina di Lorena, moglie di Ferdinando I.

Nella Villa di Poggio, nell’Ottobre 1587, trovarono la morte gli stessi Francesco I e Bianca Cappello, l’una a un giorno di distanza dall’altro, per febbre terzana, anche se la tradizione orale tramandò la diceria che fossero entrambi morti per avvelenamento. La Villa fu la residenza preferita del figlio di Cosimo III, il principe Ferdinando, grande amante delle arti, che ne fece un attivissimo centro culturale.

Alla morte di “Giangastone” (1737), fratello di Ferdinando ed ultimo discendente dei Medici, la Villa passò ai nuovi Granduchi toscani, gli Asburgo-Lorena, che continuarono ad utilizzarla come residenza estiva o come punto di sosta durante i loro viaggi verso Prato o Pistoia.

Con la conquista napoleonica, la Toscana entrò nella sfera di influenza francese, prima come regno d’Etruria e poi come parte dello stesso Impero francese. La Villa subì modifiche interne ed esterne (soprattutto ad opera di Pasquale Poccianti) su iniziativa della reggente Maria Luigia d’Etruria e successivamente di Elisa Baciocchi Buonaparte, sorella di Napoleone, dal 1804 principessa di Lucca e Piombino e dal 1809 granduchessa di Toscana.

La Villa di Poggio divenne una delle sue residenze preferite e pare che proprio qui si sia consumata una presunta relazione amorosa tra lei e il celebre violinista Nicolò Paganini, che tenne nel teatro della Villa numerosi concerti. Con la restaurazione proseguirono le riparazioni e i lavori di riordino, lavori che ripresero con la costituzione del Regno d’Italia e l’avvento dei Savoia.

Quando Firenze divenne capitale, Vittorio Emanuele II, amante dei cavalli e della caccia, fece risistemare la Villa: furono costruite nuove scuderie, alcune sale al piano terra vennero ridecorate e il grandioso salone Leone X°, al primo piano, si trasformò in una sala da biliardo. Con Vittorio giunse al Poggio anche la “bella Rosina”, ossia Rosa Vercellana, una popolana torinese e amante del re e poi sua moglie morganatica.

Testimonianza di questa ennesima storia d’amore che ha avuto come teatro la Villa sono due belle camere da letto, visitabili al primo piano. Nel 1919 l’Amministrazione della Real Casa donò la Villa allo Stato Italiano. La cascina di Poggio a Caiano-Tavola e le scuderie, che con la Villa costituivano un complesso unitario di grande valore architettonico, furono invece cedute, sempre nel primo dopoguerra, all’Opera Nazionale Combattenti e Reduci e successivamente vendute ai privati.

La Villa

La Villa Medicea di Poggio a Caiano è il primo esempio di architettura rinascimentale che fonde la lezione dei classici ( in particolare Vitruvio ) con elementi caratteristici dell’architettura signorile rurale toscana. Evidente la lezione dell’Alberti, a partire dalla scelta del luogo su cui la Villa sorge, fino a giungere alla simmetria e all’armonia delle proporzioni.

L’introduzione di una basis villae ( la piattaforma sorretta da archi su cui posa l’edificio) rimanda invece a modelli classici come il tempio di Giove Axur a Terracina. Giuliano da Sangallo che la concepì e seppe fondere sapientemente tali elementi, gettando le basi per una nuova architettura in cui la lezione dei classici viene vivificata dall’apporto di elementi innovativi, senza restare sterile imitazione o riproduzione di modelli dati.

L’esterno della Villa ha mantenuto abbastanza intatto l’originale progetto rinascimentale del Sangallo, se si eccettuano le due scalinate gemelle che conducono al terrazzo, erette nei primi del 1800 in sostituzione di quelle originarie. A progettarle, nel 1807, fu Pasquale Poccianti che ideò “una scala esterna con comodo di transito per le carrozze al coperto”. Le scale ricurve da lui disegnate vennero poi realizzate negli anni seguenti da Giuseppe Cacialli, in sostituzione di quelle dal Sangallo, che, a differenza delle attuali, erano diritte e perpendicolari al corpo della Villa.

Il corpo dell’edificio è circondato da una terrazza porticata. Alla sommità delle scale si trova una loggia sormontata da un timpano e da una volta a botte finemente decorata a rilievo. Sulla parete destra della loggia si trova un decoro a fresco raffigurante il sacrificio di Lacoonte di Filippino Lippi. Sull’architrave della medesima loggia si trova un fregio di terracotta invetriata (opera attribuita al Sansovino) affigurante allegorie di ispirazione mitologica connesse a Lorenzo e al suo circolo. Si tratta comunque di una copia: l’originale è stato finito di restaurare nel 1986 ed è esposto in una delle sale all’interno della Villa.

L’interno della Villa ha subìto nel corso degli anni diverse trasformazioni che ne hanno modificato l’aspetto originale. Al piano terreno sono visitabili il cosiddetto appartamento di Bianca Cappello (in questi vani è possibile percepire più nitidamente che altrove l’aspetto rinascimentale della Villa), la sala d’ingresso e la sala dei biliardi (rifatte in stile sabaudo quando la Villa divenne residenza estiva di Vittorio Emanuele II) e il settecentesco teatro di corte.

Al primo piano si trova l’ambiente più interessante della Villa: il salone Leone X, posto al centro dell’edificio e terminato intorno al 1513. Secondo il Vasari la decorazione della volta appartiene solo in parte al Sangallo il resto sarebbe opera del Franciabigio e di Cosimo Feltrini. La decorazione pittorica delle pareti (realizzata in due tempi tra il 1519 e il 1582) è opera di Andrea del Sarto, del Pontormo e del Franciabigio (che vi lavorarono nel primo periodo, tra il 1519 e il 1521) e di Alessandro Allori (che vi operò dal 1578 fino al termine).

Vi sono rappresentati avvenimenti di storia romana che alludono a fasti di personaggi medicei. In particolare sono raffigurati Giulio Cesare che riceve i tributi dall’Egitto (affresco iniziato da Andrea del Sarto e terminato dall’Allori) e il ritorno di Cicerone dall’esilio (del Franciabigio ma condotto a termine anch’esso dall’Allori). L’Allori eseguì anche altri affreschi: il console Flaminio nel consiglio degli Achei sconvolge la Lega e Siface re di Numidia riceve Scipione, vincitore di Asdrubale in Spagna. Nelle lunette sono raffigurati soggetti mitologici: nella lunetta di destra il giardino delle Esperidi dell’Allori; in quella di sinistra l’allegoria di Vertumno e Pomona, splendido capolavoro del Pontormo restaurato nel 1993.

Sempre al primo piano sono visitabili la sala d’ingresso (con pitture monocrome del primo ottocento, opera di Giuseppe Catani, riproducenti temi celebrativi che si riferiscono alla fondazione della Villa) e la cosiddetta sala da pranzo. Sul soffitto di questa si trova un grande affresco, opera di Antonio Domenico Gabbiani, raffigurante l’opera di pacificazione di Cosimo il Vecchio, padre della patria, il dipinto risale al 1698. Completano il primo piano le già menzionate stanze da letto di Vittorio Emanuele II e della “bella Rosina”.

Nel 1807 il Poccianti progettò, oltre alle scale esterne, lo scalone interno che collega il piano terreno ai restanti piani dell’edificio inoltre fu incaricato di alcuni lavori di restauro al piano superiore della Villa.

Edifici adiacenti alla Villa e giardini

Adiacenti alla Villa sono alcune costruzioni come la cappella (dove si trova la Pietà con i SS. Cosimo e Damiano, dipinta nel 1560 da Giorgio Vasari), le cucine (di cui si hanno le prime tracce iconografiche in alcune piante del 1610) e il neoclassico stanzone per le piante (o limonaia) “con annessa conserva d’acqua”, opera del Poccianti (1825 circa). A metà del XVI sec. Circa, sotto Cosimo I, Niccolò Tribolo risistemò i giardini e terminò la costruzione delle scuderie (1548), iniziata da Bartolomeo di Giovanni Lippi detto Baccio Bigio.

La veduta d’insieme dell’assetto del giardino e delle scuderie dopo l’intervento del Tribolo si ha nella famosa lunetta di Giusto Utens del 1599. Le scuderie, acquistate alla fine degli anni ’70 dal Comune di Poggio a Caiano, sono poste subito fuori del muro di cinta della Villa, lungo la strada per Prato.

Di grande interesse sono i giardini che circondano la Villa, ridisegnati dopo il 1811, ma senza seguire del tutto l’originario progetto elaborato dall’ingegnere Giuseppe Manetti, su commissione di Elisa Baciocchi. Tale progetto prevedeva la loro trasformazione in un giardino all’inglese, con la creazione di un laghetto e di tempio dedicato a Diana e con ulteriori interventi in chiave romantica.

Attualmente solo la parte dei giardini che si estende oltre la facciata posteriore della Villa, verso l’Ombrone, si presenta come un giardino all’inglese, con viali ombreggiati ed angoli caratteristici. Sul lato destro della Villa essi hanno invece mantenuto l’aspetto di un giardino all’italiana, con una vasca centrale e numerosi vasi di limoni. Il giardino è qui recinto su tre lati e chiuso sul quarto dal già citato stanzone del Poccianti. I giardini sono arricchiti da rare specie vegetali e da alcune statue, come quella in terracotta raffigurante la cattura della ninfa Ambra da parte di Ombrone descritta da Lorenzo dé Medici nel suo poemetto Ambra.

Il Barco Reale di Bonistallo

Il Barco era l’ampia riserva di caccia, circoscritta da una muraglia, che i Medici possedevano nella zona di Bonistallo, non lontano dalla Villa medicea “Ambra”: il termine barco deriva dal latino “parricum” ed indica un terreno recintato.

Il muro perimetrale, che si estendeva per una cinquantina di chilometri, era alto due metri e racchiudeva una riserva di quasi 4000 ettari dove a disposizione delle cacce reali vi era la selvaggina più pregiata: daini bianchi, orsi, lupi, volpi e cinghiali.

Conteneva inoltre una più ristretta bandita detta Barchetto della Pineta, del cui muro esistono ancora tratti visibili oltre alla Porta Monumentale di Poggio alla Malva.
All’interno serba una ricca vegetazione arborea oltre alla coltura di piante esotiche che negli anni ’30 furono introdotte dall’Istituto Agronomico d’Oltremare.

Meteo Poggio a Caiano

Che tempo fa a Poggio a Caiano? Di seguito le temperature e le previsioni meteo a Poggio a Caiano nei prossimi giorni.

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