Nel pianeta Toscana, profumato di vino, colorato di un paesaggio incantevole, nobilitato da piazze e torri, ville e castelli, ci sono le Terre di Siena. E ogni terra è un’icona forte, un microcosmo fatto di uomini, storie, atmosfere che contribuiscono a creare una spiccata identità. La Val di Merse è una di queste icone che imprime un segno visibile sullo sfondo della città del Palio.
Quello che ci apprestiamo a vivere è un viaggio libero da ogni condizionamento. La Val di Merse è una strada disegnata da Madre Natura che non esporta la sua notorietà grazie al mito di un nome.
E così nel mondo della comunicazione dove tutto deve avere un’etichetta e dove si viaggia inseguendo leggendarie e, talvolta, inconsistenti mete questa terra di Siena ama presentarsi senza biglietto da visita. Preferisce farlo con una forte stretta di mano e con gli occhi di chi ispira immediatamente fiducia. Sarebbe come aspettarsi una presentazione formale da una persona che ci tenga a raccontare quanto sia bella dentro!
L’essenza di un luogo, come di una persona, è una scoperta che avviene in modo discreto e silenzioso. E’ questione di feeling; a volte basta un attimo, altre volte ci vuole più tempo.
La Val di Merse ha un carattere riservato e i viaggiatori si innamorano di lei perché sa essere ombrosa e solare allo stesso tempo. La sua intima purezza e l’integra solitudine in cui vive sono molto intriganti e rappresentano un invito esclusivo per chi viaggia sospinto da una discreta curiosità.
Nessuno rimarrà deluso perché la Val di Merse è bella dentro. E non solo; perché anche il suo aspetto esteriore brilla di luce propria: soffusa e delicata nel suo bosco, abbagliante nella cattedrale che urla silenziosamente verso il cielo.
L’abbazia cistercense di San Galgano è l’icona più forte della Val di Merse. Storicamente e architettonicamente è uno degli edifici religiosi più importanti del senese e costituisce l’espressione più autorevole in Italia dello stile gotico-cistercense.
Il Museo Etrusco si trova nel borgo medievale di Murlo e si caratterizza per gli importanti reperti trovati nella zona di Poggio Civitate . La scoperta di questo luogo ha contribuito in maniera determinante ad una svolta nelle ricerche e negli studi sulla civiltà etrusca in quanto gli scavi hanno portato alla luce non un villaggio o una necropoli ma un palazzo signorile del VII secolo a.C. e un laboratorio artigianale.
Due sono le fasi costruttive degli edifici, orientalizzante e arcaica, databili tra il VII e il VI secolo a.C. Elementi architettonici come tegole e acroteri testimoniano che l’edificio orientalizzante (più antico rispetto a quello arcaico) era caratterizzato da un sistema completo di copertura del tetto. La scoperta del laboratorio artigianale testimonia che in questo luogo si produceva ceramica architettonica, vasellame e oggetti preziosi. Intorno al 600 a.C. le due strutture furono distrutte da un incendio per essere ricostruite nel 580 a.C.: la residenza fu interamente ricostruita con forma quadrangolare e caratterizzata all’interno da una grande corte con portici.
Tra i reperti si segnala una raccolta di ceramiche, alcune provenienti dalla Grecia: frammenti di piatti, anfore, brocche, coppe ioniche e laconiche; raffinate produzioni in ceramica di bucchero; e poi ancora sculture in avorio. Tra le decorazioni architettoniche spiccano acroteri a figura umana e animale. Gli scavi del complesso arcaico hanno restituito anche reperti metallici come piccoli oggetti personali in bronzo utilizzati per impreziosire l’abbigliamento o l’arredamento domestico, oppure utensili in ferro.
L’esposizione è completata con i corredi funebri delle tombe di Poggio Aguzzo (650 – 600 a.C.) tra cui spiccano ceramica particolarmente raffinata e buccheri di gran pregio.
Spostarsi a cavallo in Val di Merse significa compiere un’esperienza preziosa, significa abbandonare i nostri ritmi usuali, ed entrare dentro i tempi e gli spazi dilatati del passato. Si viaggia nei territori del sogno.
Significa percorrere le colline ove i famosi falconieri a cavallo del grande Imperatore Federico II di Svevia scrutavano il cielo in cerca dell’airone e del germano reale, che ancora oggi popolano questo cielo insieme ad altri esemplari di avifauna come il nibbio e il biancone.
Qui a cavallo ci imbattiamo in castelli abbandonati in anse dimenticate del tempo, dai nomi evocativi come “ Castiglion che Dio Sol Sa “; in torri tenacemente abbarbicate a rupi e costoni, in romitori custoditi nel silenzioso scrigno del bosco fino all’ ultima svolta, regno di animali notturni e di leggende, di cui nel breve tempo del nostro transito siamo i signori assoluti, e nei borghi medioevali delle valli, come Brenna , Torri , Lestine , dove i passi degli zoccoli sul selciato delle strade risuonano nelle vie ora strette e solitarie, ora ampie, dai muri tinteggiati di rosa delle fattorie lorenesi come Montestigliano . Basta un’escursione a cavallo lungo i fiumi Farma e Merse o nei boschi della Montagnola per fuggire dai tempi della nostra quotidianità riscoprendo i tempi dell’Uomo.
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